Titolo originale: Sharkwater.
2007, Rob Stewart.
Aprile 2008, Parigi: non ricordo più dove l'ho visto.
Non è male questo documentario, che ci fa capire come il più terribile predatore dei mari, lo squalo, sia in realtà una delle tante vittime dell'ingordigia umana. Ogni anno sono infatti uccisi milioni di squali in tutto il mondo, soprattutto per le proprietà miracolose delle sue pinne. Secondo il documentario, il commercio delle pinne di squalo fa girare più soldi del commercio della droga. Sarà, ma io ho qualche dubbio....
Secondo l'autore, la riduzione degli squali nelle acque del mondo, porterà presto a disastrosi effetti ecologici, essendo lo squalo al vertice della catena alimentare marina: la sua riduzione, o addirittura scomparsa, porterebbe al proliferare di alcuni pesci che si nutrono di alghe e piante marine: le alghe e le piante hanno il nobile scopo di assorbire la CO2 prodotta dall'inquinamento umano. La riduzione degli squali porterebbe indirittamente ad un aumento di CO2 nell'atmosfera.
Il documentario è interessante, ma ha un grande difetto: troppo incentrato sulla figura e sulle gesta (a fianco di un gruppo di militanti di Greenpeace) dell'autore, un giovane fighetto biondo evidentemente narcisista.
Curiosità: il regista dice di odiare Spielberg perché ha contribuito, con la sua serie di film sugli squali, al mito dello squalo assassino. In realtà, il documentario chiarisce che le morti per squalo ogni anno sono dell'ordine di poche unità (circa 5), niente a che vedere con le morti che causano altri animali, quali gli alligatori e gli elefanti. Il regista di fa riprendere mentre accarezza uno squalo e ci gioca, senza alcun tipo di protezione.
Bello, cio' non toglie che io uno squalo come animale di compagnia non lo vorrei mai.
Voto di Kurtz: più.
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