lunedì 29 novembre 2010

Vecchie auto: Jaguar Mk2

Tra le auto di lusso ho sempre avuto un debole per le Jaguar, in particolare le vecchie, che hanno uno stile indiscutibile.

Le foto fatte oggi pomeriggio ritraggono un'impeccabile Jaguar Mk2 con targa ignota (la guida era a sinistra, per cui mi sento di escludere l'esemplare fosse inglese) fotografata nelle zone chic di Parigi.

L'interno in legno faceva la sua porca figura.




mercoledì 24 novembre 2010

Easyjet, il volo annullato e Franz Kafka.



Tra tutti gli operatori dell'economia mondiale sono due i generi che detesto di più: le compagnie di telefonia e le compagnie aeree.

La mia caustica e graffiante penna ha già informato gli appassionati lettori delle mie avventure con la compagnia di bandiera italiana negli anni scorsi.

Ora tocca ad EasyJet, probabilmente la compagnia più detestata di tutto il web.

L'ultimo week end di ottobre sono stato in Italia, per 3 giorni con la Francese, tra Milano e Liguria.

Il giorno 01/11, dopo 3 piovisissimi - ma ricchi di focaccia al formaggio - giorni italiani, eravamo in coda per l'imbarco del volo EasyJet che alle 19h20 sarebbe dovuto partire da Milano per riportarci a Parigi.

Il volo è stato annunciato con 30mn di ritardo: fin qui niente di eccezionale per EasyJet. Alle 19h30 ci mettiamo in coda per l'imbarco, come bravi cittadini ligi alle regole: già con i documenti in mano, le valigie spedite in stiva, la signorina incaricata dell'imbarco prende il microfono e ci annuncia che il nostro volo è annullato. Senza spiegazioni, neanche lei sapeva il motivo.

Dopo una piacevolissima notte in hotel a spese di EasyJet, il giorno dopo alle 7 possiamo finalmente partire per l'Esagono. Non vi dico il piacere di svegliarsi alle 4h20 per chi non è abituato, e una volta arrivato a Parigi, recarsi subito al lavoro.

Una volta rientrato in Francia faccio delle ricerche su internet e scopro che in questi casi il passeggero ha diritto ad un rimborso di 250€ per l'annullamento del volo. Tutto cio' è previsto dai regolamenti europei, in particolare il regolamento CE 261/2004.

Contatto quindi il servizio clienti di EasyJet Francia e inizia un fitto scambio di mail con Farid, un impiegato EasyJet. Il simpatico Farid dopo aver fatto le sue ricerche ci dice che abbiamo diritto al rimborso di 500€ (250 x 2) e ci chiede di mandargli via mail una lettera firmata dalla Francese in cui la Francese stessa dichiara che il rimborso dei suoi 250€ puo' essere fatto sulla mia carta di credito, avendo prenotato io entrambi i biglietti.

Invio il documento con la firma della Francese via mail e Farid, a cui mi sento molto attaccato, mi dice che la pratica è andata a buon fine, che il versamento è stato effettuato e che apparirà sul mio conto bancario in 5-10 giorni.

Nella nota (1) in calce a questo post ho inserito la magica frase di Farid.

Non nego un certo piacere e soddisfazione per aver condotto quest'operazione con attenzione e perizia, riuscendo nel mio risultato finale.

Con un po' di orgoglio ogni tanto ripetevo alla Francese durante le nostre cene romantiche: "Hai visto, mai fidarsi di quello che c'è scritto su internet. Bisogna sempre filtrare: ho letto di un sacco di persone incazzate con EasyJet perché non sono riuscite ad ottenere alcun rimborso in caso di volo annullato. Invece, basta saperci fare, essere educati ma decisi, e subito loro ti fanno il versamento. 500€ non ci cambiano la vita, ma ci possiamo togliere qualche sfizio".

La Francese durante questi miei deliri mi guardava tra l'ammirata (quando si concentrava sulle parole) e la schifata (quando mi guardava in faccia). Ma tant'è, 250€ non dispiacciano neanche a lei.

E la vita scorreva felice finché...

...

...

...

Dopo due settimane, cioè ieri, non vedendo ancora i soldi sul mio conto (intanto avevo versato alla Francese la sua quota di tasca mia) contatto di nuovo il servizio clienti di EasyJet chiedendo se il mio versamento fosse stato effettuato con successo, dato che ancora non era apparso sul mio conto corrente.

Mi risponde Hassania dicendo che non possono farmi il versamento perché il volo è stato annullato in seguito a circostanze eccezionali!!!!!! In nota (2) in calce a questo post il testo originario.

A nulla sono valse altre mie due mail, a cui hanno risposto Hassania e Issam, in cui allego il testo di Farid che mi parla del rimborso: loro capiscono la mia delusione, pero' non possono procedere con la pratica perché non ci sono le condizioni per il rimborso.

Oggi all'ora di pranzo ho chiamato l'ENAC: la gentile signora che mi ha risposto mi ha consigliato di compilare il modulo elettronico presente sul loro sito, cosi' loro potranno accertare per quali motivi il mio volo è stato annullato ed eventualmente sanzionare la compagnia aerea.

Il tempo di risposta è di circa 4 mesi: non manchero' di comunicare ai miei fidi lettori l'esito di questa vicenda che a volte mi pare assurda.



Notte di Note.
(1) Conformément à notre règlement et à la législation européenne, vous avez droit à une indemnisation de 250.00 € par passager, soit un montant de 500 € qui a été versé ce jour sur le compte de votre carte de paiement. Comptez de 5 à 10 jours ouvrables avant que cette somme n’apparaisse sur votre relevé bancaire.

(2) Nous vous informons ne pas être en mesure de vous offrir 250.00 € de compensation car votre vol a été annulé suite à une situation exceptionnelle .Dès lors, pour des raisons de sécurité, nous n’avons pas eu d’autre choix que d’annuler votre vol.

martedì 23 novembre 2010

Rubber



Dal regista Mr. Oizo un'idea simpatica alla base, alcune trovate geniali e surreali, ma un po' troppo tirato per le lunghe.

Interessante, in ogni caso.

Voto di Kurtz: più.

lunedì 22 novembre 2010

Vecchie auto e vecchie celebrità: Citroën D Spécial e Michou.

La Citroën DS, oltre ad essere una delle più belle macchine mai prodotte, è anche motivo di orgoglio per il popolo francese (1). Gli Champs Elysées, l'avenue più bella del mondo secondo i francesi, non mi piace nella stessa misura, ma sono anch'essi un simbolo della Francia.

Vedere una Citroën D Spécial a spasso in una grigissima domenica di novembre per gli Champs Elysées, fa un certo effetto:



Ero già soddisfatto della mia passeggiata pomeridiana, nonostante una pioggerellina poco piacevole, ma non sapevo cosa mi avrebbe riservato il destino da li' a pochi minuti.

La DS fa inversione sui Campi Elisi, parcheggia a pochi metri da me e chi scende dal sedile del passeggero dell'auto? Niente popo' di meno che Michou, un'icona del cabaret francese.



Michou è famoso anche perché nel suo locale, a Montmartre, la grande Dalida ha festeggiato i suoi 50 anni, nel 1983.

Ricordiamo la cantante con la malinconica Bang bang, canzone che ho scoperto qualche mese fa grazie al film Les amour imaginaires



(1) Non vi dico la faccia del mio collega francese quando gli ho detto che la DS è stata disegnata da un italiano, Bertoni. Ovviamente non mi ha creduto, poi si è fiondato al pc e ha furiosamente cercato la smentita alla notizia.

Nota in calce: qualcuno si chiederà perché io abbia ripreso a scrivere di vecchie macchine in questo blog e non nel blog gemello all'uopo creato. La risposta, come sempre, soffia nel vento.

domenica 21 novembre 2010

Il Papa, le prostitute e i prostituti?

Mentre tutto il mondo si felicita per questa apertura del papa, io mi pongo qualche dubbio esistenziale.

Innanzitutto, perché la stampa italiana parla dell'uso del preservativo nel caso di prostitute






mentre la stampa francese di prostituti?


Nel caso fosse vera la versione francese, come sembrano confermare in molti in rete, mi chiedo perché, immagino come molti, un uomo che si prostituisce possa usare il preservativo per proteggersi e una donna no. Qualcuno ha una risposta?

E poi, era proprio necessario dire che il preservativo è il primo passo verso la moralizzazione e la presa di coscienza che non tutto è permesso?

Perché infierire su persone che sono prostitute/prostituti nella maggior parte non per libera scelta ma perché obbligati? Nessuna parola sui clienti delle prostitute/prostituti, che al contrario, non sono obbligati da nessuno e che alimentano il mercato?

Aveva forse paura di una denuncia da parte di Marrazzo?

lunedì 15 novembre 2010

Appartamento in vendita

Ogni tanto trovo nella mia casella di posta delle mail di gente che passa per caso dal mio blog e mi chiede consiglio su come affittare o comprare casa a Parigi. Nel mio piccolo cerco di aiutare le persone in questa impresa.

Sfogliando Les Echos in linea oggi ho visto un articolo che puo' interessare molti: si tratta della vendita di un appartamento a Parigi a buon mercato, per cui condivido con i miei fedeli lettori quest'informazione, certo che interesserà qualcuno.

L'appartamento è ampio 520metri quadrrati, ha 400m di giardino ed è nel settimo arrondissement (municipio), quello della Tour Eiffel. Costa 23,5 milioni di euro ed è l'appartamento dove ha vissuto Yves Saint Laurent.

Se la mia calcolatrice non sbaglia il prezzo al metro quadrato è di 45 000 €: conviene approfittarne.

Qui l'articolo e gli estremi per contattare l'agenzia.

domenica 14 novembre 2010

Il ministro Frattini e i laici



Qualche settimana fa il ministro Frattini ha dichiarato per mezzo dell'Osservatore Romano che io minaccio la società.

Non io in quanto Colonnello Kurtz, ma io in quanto ateo, relativista e anche materialista. E per contrastare me e i miei fenomeni perversi ha richiamato all'ordine cristiani, musulmani ed ebrei.

“I cristiani dovranno essere consapevoli anche di ricercare con i musulmani un’intesa su come contrastare quegli aspetti che, al pari dell’estremismo, minacciano la società. Mi riferisco all’ateismo, al materialismo e al relativismo. Cristiani, musulmani ed ebrei possono lavorare per raggiungere questo comune obiettivo. Credo che occorra un nuovo umanesimo per contrastare questi fenomeni perversi, perché soltanto la centralità della persona umana è un antidoto che previene il fanatismo e l’intolleranza”.
Li' per li' ammetto di esserci rimasto male: avro' tanti difetti, questo non lo nego, pero' ad arrivare a dire minaccio la società, al pari degli estremisti, mi pare un po' troppo.

Me ne sono fatto una ragione e ho capito che per contrastare degli estremisti come me e gli altri atei, d'altra parte, ci vuole gente moderata, che sappia far ragionare, che abbia una mente aperta e un cuore carico di carità, pietà e comprensione cristiana: per esempio i cattolici che scrivono sul sito Pontifex (blog di libera informazione cattolica).

Questo un estratto di un editoriale di Bruno Volpe su Nichi Vendola e su un film a lui dedicato:

...Una domanda? Ma come si fa a sposare Vendola? Chi avrebbe uno stomaco del genere? Ce ne vuole del coraggio, ma per aspirare a popolarità e magari finanziamenti per carrozzoni culturali o cinematografici, si ricorre anche a questo, all'incensamento via film di un personaggio che sarebbe megio dimenticare. Pertanto suggeriamo una variante: Perchè non hanno abbandonato Vendola da piccolo? Probabilmente tutti sarebbero stati meglio se il terlizzese fosse stato, prima di venire alla luce, vittima di un incidente di gravidanza, e in questo caso, non tutti i mali vengono per nuocere...

Chissà quando saranno messe in piedi le ronde notturne contro gli atei: già me li vedo dei gruppetti di cattolici, musulmani ed ebrei che appena vedono un ateo lo riempiono di mazzate. Sempre se le mazzate non se le stanno dando tra di loro.





 

martedì 9 novembre 2010

Larmar och gör sig till

 

Ingmar Bergman.
IT: Vanità e affanni
FR: En présence d'un clown

Doppio cuoricino.

Roberto Escobar, Il Sole 24 Ore, 15 marzo 1998


Nell'85, d'improvviso, compresi che non avrei più fatto film: il mio corpo «si rifiutava di collaborare». Così scrive Ingmar Bergman nell'87(Lanterna magica, Garzanti). Ora, aggiunge, sento arrivare «un crepuscolo che non ha niente a che fare con la morte ma è collegato allo spegnersi». Dieci anni dopo, quasi ottantenne, torna a guardare il mondo attraverso l'occhio d'una macchina da presa e proprio per raccontare d'uno spegnersi, d'un crepuscolo: quello dello zio Carl Akerblom, adombrato già in Fanny e Alexander (1982). In quella grande commedia che volgeva in gioia il tragico della vita, il suo cognome era Ekdahl e, soprattutto, non mostrava segni di follia creativa: era solo un uomo infelice. C'era però, tra gli altri personaggi, Isak Jacobi, uno strano antiquario abituato a frequentare la dimensione meravigliosa e "teatrale" dell'illusione e della rappresentazione. Era lui che, alla fine, liberava del tutto Alexander (alter ego evidente di Bergman) e la sorella Fanny dalla cupezza mortale del vescovo Edvard Vergerus, secondo marito della loro madre. Ora, in Vanità e affanni (Larmar och gor sig till, Svezia, 1997), l'infelicità della vita e la gioia della rappresentazione stanno, tutte e due insieme, nello stesso personaggio, lo zio Carl appunto. Che l'intento di Bergman non sia più quello, lieve, di quindici anni prima è subito annunciato con le parole che William Shakespeare fa dire a Macbeth. «La vita non è che un'ombra che cammina», si legge sullo schermo nero che apre il film, «un povero commediante che si pavoneggia e si dimena per un'ora sulla scena e poi non lo si sente mai più. È una storia raccontata da un idiota, piena di frastuono e di furore, che non significa nulla». Così è la vita di Carl, o almeno l'immagine che egli se ne fa. Con la consapevolezza dolorosa della follia, è assediato nei suoi sogni dalla morte: una maschera laida ben più sfuggente dello scheletro con la falce messoria cui, guerriero ostinato, Antonius Block teneva fronte nel '56(Il settimo sigillo). Il naufragio al quale sta avviandosi gli appare terribilmente simile a quello che, un secolo prima, era stato d'uno degli uomini grandi dell'Ottocento, Franz Schubert, e di cui cerca il segreto in un passaggio musicale ascoltato e riascoltato al grammofono.
Questo si domanda lo zio Carl, e Bergman con lui: può la dimensione meravigliosa della rappresentazione e dell'arte vincere sempre il tragico della vita? Oppure, quando d'improvviso muore il futuro, quando il corpo "si rifiuta di collaborare", non c'è più musica, non c'è più teatro, non c'è più cinema? La seconda parte di Vanità e affanni è la risposta a queste domande, una risposta che Bergman cerca una volta di più in quell'«illusione progettata fin nei minimi dettagli» che è o è stato per lui il cinema. Come quando, bambino provvisoriamente felice, manipolava pezzi di vecchia pellicola, di nuovo prova ad affidarsi alla leggerezza creativa della luce e dell'ombra. Insieme con il fantasma dello zio Carl, torna così anche quello della madre, la «giovane signora Bergman» di settanta e più anni fa. In una piccola sala buia, dunque, Carl cerca di far rivivere la grandezza di Schubert, come se il suo naufragio non fosse avvenuto mai. Quando poi la meraviglia di questa rinascita minaccia d'essere travolta dal fuoco - il cinema, ricorda Bergman, mantiene tutta la precarietà che un tempo gli veniva dall'infiammabilità della pellicola -, allora la finzione si fa ancora più radicale, ancora più "illusoria". Invece d'essere proiettato con fasci di luce su un telo bianco, il film vive nel racconto che il suo autore e i suoi attori ne fanno nella sala trasformata in teatro. Si tratta, qui, d'un raddoppiamento della rappresentazione, d'un cinema che rinuncia a ogni residuo di materialità e s'affida alla nuda virtualità della parola. Un'illusione magica e meravigliosa, questa, che parrebbe degna del vecchio Isak Jacobi, lo stregone di Fanny e Alexander. E tuttavia, terminata la rappresentazione, accomiatatisi gli spettatori (ognuno rientra nella banalità della vita), nulla resta a Carl della sua stessa magia. Il suo corpo di nuovo gli annuncia il naufragio. Di nuovo una morte laida assedia i suoi sogni. Giunto alla vecchiaia, Bergman - uno degli uomini grandi del Novecento - non ha dunque il conforto che pure, nel '57, era concesso al professor Isak Borg? Non c'è, per lui, alcun "posto delle fragole" cui tornare con il cinema, acquietando l'infelicità del presente e l'angoscia del futuro nella memoria del passato? Davvero la sua vita non è che ombra sfuggente, tempo breve d'un commediante, frastuono e furore che svaniscono nel nulla? Qualunque cosa egli stesso ne pensi, a noi pare una magia e una meraviglia che, quasi ottantenne, ancora una volta abbia guardato il mondo attraverso l'occhio d'una macchina da presa.


domenica 7 novembre 2010

Il traffico a Parigi e regione parigina.

Aggiornamento al 10 novembre: lo studio dell'INRIX citato riguarda Francia, Germania, Olanda, Inghilterra, Belgio e Lussemburgo e non tutta l'Europa come indicato in un primo tempo. 

Chi abita a Parigi intra-muros probabilmente non se ne accorge perché il problema si sente di meno, a parte in qualche occasione. In città, infatti, c'è una buona rete di metropolitane, autobus e, da un paio d'anni, di tram. Insomma, a Parigi non hai alcuna necessità di avere un mezzo di trasporto privato a combustione perché puoi girare con i mezzi pubblici o anche in bicicletta - le tanto famose Vélib - se le distanze e il clima lo consentono.

Il problema nasce non appena si varca il périphérique - la tangenziale di Parigi - che separa fisicamente e simbolicamente il 75 - il dipartimento di Parigi - dai comuni limitrofi, dove abitano i banlieusards, la gente di periferia. Li' inizia il casino: il périph stesso è un continuo ingorgo a tutte le ore del giorno, tutti i giorni della settimana.

Cosi' ed anche peggio sono anche la seconda tangenziale, la A86 - 15km da Parigi - e quella ancora più esterna, la Francilienne - 30km circa da Parigi.

I collegamenti da periferia a periferia con i mezzi pubblici sono spesso disastrosi per il semplice motivo che la rete dei treni regionali (RER) che collegano Parigi con la periferia è sviluppata in modo radiale, cioè tutti i treni RER passano tutti da Parigi.
In pratica, per andare da una periferia all'altra in treno devi passare da Parigi in ogni caso, il che rende il tragitto particolarmente lungo e a volte stupido. Ecco il motivo per cui i banlieusards spesso per gli spostamenti tra periferia e periferia prendono l'auto.

Non è difficile immaginare cio' che succede quando la periferia (circa 9 milioni di abitanti senza Parigi), una delle zone più densamente popolate d'Europa, si muove con i mezzi propri: ingorghi, file mostruose, puzza di smog, incidenti. Questo in condizioni normali, perché quando ci sono dei lavori o un autoveicolo si ferma in mezzo alla strada per una panne, i chilometri di coda si allungano all'infinito.

Idem per quando si ritorna dai week end fuori Parigi: io l'ho fatto solo una volta, in Vespa: dopo due bellissime giornate in Normandia sotto il sole, il rientro a Parigi mi ha fatto dimenticare il sole e la spiaggia in un sol colpo.
Nonostante la Vespa sia un mezzo dotato di due ruote, ho patito ugualmente gli spaventosi ingorghi dei parigini che tornavano dal week end al mare, proprio come me. E il fatto di avere un mezzo agile nel traffico mi ha aiutato ben poco perché la strada era talmente stretta che non mi era possibile passare tra le file di macchine, il vero divertimento di ogni scooterista che si rispetti.

Da quel di' mi sono detto che i week end fuori Parigi è meglio farli in treno, se proprio si vuole assecondare questa stupida mania dei week end fuori città.

Questa sera sono caduto nei risultati statistici sul traffico stradale nei paesi analizzati (Francia, Germania, Olanda, Inghilterra, Belgio e Lussemburgo) della società di raccolta dati INRIX, secondo la quale a Parigi e nella regione parigina c'è la più alta concentrazione di ingorghi di tutti paesi esaminati: addirittura tra le prime 10 zone peggiori dal punto di vista degli ingorghi, 8 sono occupate dalla regione parigina.

La INRIX concorda con me quando affermo che il problema non riguarda tanto Parigi città, ma l'accesso a Parigi e la rete stradale attorno alla ville lumière. La zona più ingorgata di Francia, Germania, Olanda, Inghilterra, Belgio e Lussemburgo è infatti un tratto del périph, il sopraccitato pezzo di strada che separa la Parigi dei Vélib e degli affollati cafés parisiens dalle banlieues dormitorio.

Al di là della piccola soddisfazione di aver trovato conferma delle mie impressioni stradali nei risultati dello studio di una grossa società di raccolta dati, passo ad una domanda alla quale non sono mai riuscito a trovare risposta: perché molte città italiane, decisamente meno trafficate di Parigi e meno piccole, ogni tanto devono chiudere il traffico ai mezzi privati per non beccarsi le multe della comunità europea sull'inquinamento mentre a Parigi questo non accade mai?

Da 6 anni e mezzo a Parigi e periferia non ho mai visto nessuna strada chiusa al traffico per motivi di inquinamento. Neanche un cortile, una corte interna. Qualche settimana fa l'agenzia che monitora l'aria a Parigi e regione prevedeva un picco di non ricordo più quale elemento inquinante e tutto cio' che si limitava a dire era di 'Praticare attività tranquille'.

Cioè, Bologna, Milano, Torino, Parma, Roma....devono chiudere il centro al traffico e a Parigi ti consigliano di non affaticarti? C'è qualcosa che non mi quadra.

Le mie ipotesi sono 4, non necessariamente mutualmente esclusive:

1. Le condizioni climatiche di Parigi e periferia fanno si' che anche in presenza di un traffico mostruoso l'aria sia migliore delle piccole città italiane, dove il traffico è di certo meno importante.

2. Il fatto che in Francia i riscaldamenti funzionano ad elettricità (le centrali nucleari devono pur lavorare) rende l'aria di Parigi e periferia meno inquinata di quella delle città italiane.

3. L'aria di Parigi non è sottoposta a controlli da parte della comunità europea.

3. L'aria di Parigi è inquinata come o più di quella delle città italiane, pero' il comune di Parigi paga le multe senza dire niente per due motivi:

a) Non allertare la popolazione (in linea con quanto fatto dalle autorità francesi nell'86, quando dissero ai cittadini che potevano consumare qualsiasi cibo perché la nube radiattiva di Chernobyl si era fermata alla frontiera. Risultato a distanza di più di 20 anni: molti cittadini stanno portando avanti delle cause perché si sono ammalati).
b) Non rovinare l'immagine turistica della città, la capitale dell'amore, della moda e culinaria per eccellenza.

Quale o quali delle ipotesi saranno vere?

In ogni caso, cari romani che leggete il blog, smettetela di vantarvi che Roma è caotica e che è un gran casino. A quanto pare c'è chi sta peggio, seppur con una rete di trasporti pubblici migliore.