martedì 1 maggio 2007

Con la sfortuna che ho.


Raramente ho degli istinti omicidi. Una di queste occasioni è quando un mio interlocutore, commentando un fatto che gli è accaduto o la sua vita in generale, pronuncia una frase del tipo: "Con la sfortuna che ho...".

Posso anche capire che in un certo periodo uno possa sentirsi molto prossimo alla sfiga: se ieri ti svegli con il mal di denti, oggi ti arriva una contravvenzione di 500€, domani ti si fonde il 16/9 Panasonic appena uscito dal periodo di garanzia, allora posso anche accettare il termine di sfiga riferito ad un periodo transitorio.

Ma l'espressione "Con la sfortuna che ho...", cosi' fatalista, che si sente soprattutto al Sud, riferita all'intera esistenza, detta da persone che hanno delle famiglie, degli affetti, un lavoro, una casa con del pane in tavola, un'auto con il lettore CD e l'aria condizionata, mi fa ridere e nello stesso tempo incazzare.

Cio' che rispondo mentalmente, e a volte non solo, quando sento la frase in oggetto è: "Se tu sei sfortunato, i bambini irakeni che si vedono massacrare i genitori cosa sono? E i bambini che nascono con delle deformazioni e che a 5 anni sono già sulla sedia a rotelle? E le madri che perdono i figli di 20 anni? E i bambini che muoiono di fame?".

Sono proprio sfortunato ad avere amici cosi'.

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